Quando parliamo di tiro con l’arco, quasi inevitabilmente, pensiamo allo sport agonistico che tutti conosciamo, con i suoi bellissimi archi compound o olimpici, dove l’arciere prima del tiro si mette in posizione sulla linea e mira a fare centro.
In Giappone però tirare con l’arco è una pratica antichissima, che oltre a essere nata come pratica di caccia e militare, veniva utilizzato anche in molte cerimonie religiose.
Il Kyudo
Il tiro con l’arco giapponese è molto diverso da quello occidentale. Nel Kyudo (l’arte marziale giapponese, conosciuta anche come “via dell’arco”) l’arciere non mira a centrare il bersaglio, ma ad avere una maggior padronanza e conoscenza del proprio “Sé” interiore. Questa pratica comprende numerosi movimenti formali che precedono e seguono (Kihontai, o Taihai) il tiro vero e proprio (detto Sha). Per un arciere che pratica il Kyudo, infatti, è fondamentale eseguire ogni movimento con la massima precisione. Il corretto modo di sedersi, di alzarsi, di camminare, di fare l’inchino, di respirare e così via, sono fondamentali per la corretta esecuzione del tiro in quanto portano il tiratore alla concentrazione necessaria.
Il tiro vero e proprio non è preparato come lo conosciamo noi, abituati a tendere l’arco di fronte al viso, ma viene preparato alzando l’arco, successivamente teso e solo dopo portato ad altezza viso per il tiro.
L’arco Giapponese
L’arco utilizzato nel Kyudo viene chiamato Yumi ed è un arco di bambù molto lungo, senza nessun tipo di equipaggiamento. È un arco asimmetrico dove l’impugnatura per il tiro è più in basso rispetto al centro. Come per gli archi occidentali, anche la lunghezza dello Yumi varia da arciere ad arciere. A seconda dell’altezza del tiratore, lo Yumi parte da un minimo di 2.12 m di lunghezza.
Questo tipo di arco, inizialmente creato esclusivamente con materiali naturali, viene oggi costruito anche con materiali sintetici come per esempio la fibra di carbonio. Questo perché utilizzare materiali naturali rende un arco molto delicato, che richiede una manutenzione più accurata rispetto a quelli moderni.
La forma asimmetrica dell’arco è sia la soluzione all’esigenza di riuscire a tirare anche in sella al cavallo al galoppo, e quindi evitare intralci con il cavallo, sia un metodo per rendere il tiro più facile per l’arciere in quanto quest’ultimo tende la corda nel punto in cui questa vibra di meno. Quando si effettua il tiro, il rilascio della corda tende a mandare la freccia verso sinistra o destra. Per risolvere questo problema negli archi moderni è stata creata una “finestra” laterale che consente alla freccia, non più rigida, di restare sul piano di scorrimento della corda, ottenendo quindi una spinta rettilinea.
Nell’arco Yumi invece questo problema è stato risolto in modo diverso: l’arciere, che utilizza comunque frecce rigide, sposta lateralmente la mano che sostiene l’arco applicando delle torsioni all’impugnatura e facendo in modo che la freccia venga tirata in modo rettilineo. Questo provoca una rotazione dell’arco nella mano sinistra portando la corda dalla parte opposta del polso.
Nel corso del tempo il tiro con l’arco ha assunto stili e scopi diversi di paese in paese. Qualsiasi sia il metodo e lo stile di tiro, è innegabile che si tratta di uno sport affascinante adatto a tutte le esigenze e le motivazioni personali per le quali si sceglie questo sport.